Scorci della città politica tra le righe del pensiero divergente

 

 

 

 

 

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Giocando con i bambini…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

FILASTROCCHE

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FIABE

FAVOLE

RIVISITAZIONI

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

FILASTROCCHE BIRICCHINE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Una raccolta di semplici filastrocche, che molti bambini hanno imparato a memoria spontaneamente.

È un gioco da nonni, con il quale i nipotini interagiscono piacevolmente, spesso con scambi di ruolo che rendono divertente la situazione educativa.

Perché il gioco educa, essendo una componente essenziale della vita di un bambino.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IL NONNO

 

Mi diverto proprio tanto

a giocare con il nonno,

quando lui mi resta accanto

non ho fame e non ho sonno.

 

Lui mi compera il gelato,

mi prepara un bel budino

e mi dice che in passato

anche lui era bambino.

 

Mi racconta le storielle,

mi fa far qualche giochino,

mi dà tante caramelle

mi solletica il pancino.

 

Lui mi parla con dolcezza,

lo vorrei per sempre qua,

ma mi dice, con tristezza,

che un bel giorno partirà.

 

Certe volte il mio nonnino,

come è, come non è,

io lo vedo un po’ bambino,

un bambino come me


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LA MANO DI MAMMINA

 

Io so se mi accarezza

la mano di mammina,

dolce come la brezza

fresca della mattina.

 

Passa sui miei capelli

più morbida e leggera

di ali di farfalle

sui fiori a primavera.

 

Ogni suo bacio è il sole

che mi riscalda il viso,

e il cuore fa capriole

ad ogni suo sorriso.

 

E la sua voce è un canto,

è dolce e melodiosa

ed io l’ascolto tanto,

attenta ed affettuosa.

 

Io corro e lei mi aspetta

festosa sulla via

ed io l’abbraccio stretta

perché è la mamma mia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

clippinocchionose

IL NASINO

 

Tra gli occhi c’è un nasino impertinente

quasi appeso alla fronte per magia,

ci son due forellini ed è sporgente

un po’ più su della boccuccia mia.

 

Sente tutti gli odori: brutti e belli,

per strada, in casa, dentro la cucina,

ed è felice quando sente quelli

del mio papà e della mia mammina.

 

D’inverno, quando prende il raffreddore

diventa rosso come un diavoletto,

cola spesso, si intasa, fa rumore

e si nasconde dentro il fazzoletto.

 

Si arriccia se qualcosa non gli piace,

si allunga quando dico una bugia,

ma il mio nasino, se non vi dispiace,

è senz’altro il più bello che ci sia.

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CARNEVALE

 

Carnevale monellaccio,

con in testa un cappellaccio,

torni sempre, allegro e gaio,

con il mese di febbraio.

 

Io ti vedo per la via

sempre pieno d’allegria

con la barba folta e riccia,

che profuma di salsiccia.

 

Sei vestito, in casa e fuori,

con migliaia di colori,

canti e balli per la strada,

metti in festa ogni contrada.

 

Anche se, quando ritorni,

resti solo pochi giorni,

nel baccano generale,

tu mi piaci, Carnevale!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

PRIMAVERA

 

Primavera frizzantina

sembra proprio una bambina

con in mano tanti fiori

che hanno mille e più colori.

 

Ha un bel volo sulle spalle

di bellissime farfalle,

mentre un’ape sopra il pesco

succhia il nettare più fresco.

 

Corre e scivola sui prati

e sui campi coltivati,

e fa mille capriole

con il vento e con il sole.

 

Porti i fiori sopra il melo

e le rondini  nel cielo.

Io mi vesto più leggera

e mi piaci, Primavera!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

PRIMAVERA

 

Primavera: di giorno coccinelle

e di sera una cupola di stelle;

ridono sulla siepe i biancospini,

sui prati fanno festa i fiorellini.

 

Le rondinelle cercano gli insetti,

volando, fanno il nido sotto i tetti;

il mandorlo ed il pesco aprono i cuori

e i loro rami vestono di fiori.

 

Sugli alberi, nascosti tra i rametti,

costruiscono il nido gli uccelletti

e il passerotto, il merlo, il cardellino

molto presto faranno capolino.

 

Lungo i viali, le primule e le viole

sorridono felici sotto il sole

come me, che mi sveglio la mattina

e corro tra le braccia di mammina

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

FILASTROCCA DEL “MAIALINO”

 

C’era una volta un maialino

piccolo, grasso, con un ricciolino,

fradicio e sporco, sdraiato per terra,

coi suoi amici faceva la guerra.

 

Si rotolava nel fango in giardino

e sempre sudicio aveva il pancino,

quando la mamma lo rimproverava

lui, per dispetto, se ne scappava.

 

A lui piaceva mangiare il gelato,

quello di panna con il cioccolato,

ma ci ficcava dentro il faccione

che diventava un gran mascherone.

 

Se lo portavano in pizzeria

tutti volevano cacciarlo via

perché mangiando sporcava tutto

di pomodoro, olio e prosciutto.

 

Era un disastro, una sciagura,

sudicio e sporco da fare paura.

Quando arrivava, scappava la gente

tanto era lurido e puzzolente.

 

Rimasto solo, si mise a frignare;

nessuno con lui voleva giocare.

Allora entrò in bagno, pianino, pianino,

si vide allo specchio, ed era un bambino!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I FUNGHETTI

 

Sotto un tronco, in mezzo al bosco,

c’è un funghetto che conosco;

e senz’altro lì vicino

ci sarà un suo fratellino.

 

Sarà sotto qualche foglia

ché di uscire non ha voglia

perché piace al funghettino

di giocare a nascondino.

 

Lui ha tanti amici attorno;

stanno fuori tutto il giorno

perché sono cattivoni,

sono brutti e non son buoni.

 

Hanno fatto ad un bambino

molto male al suo pancino.

Io perciò prendo nel bosco

solo i funghi che conosco.

 

edulis1a

 

 

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IL GRILLETTO

 

Un grilletto salterino

sorseggiava pian pianino

una goccia di rugiada

sopra il ciglio della strada,

 

ma lo vide una bimbetta

che passava in bicicletta.

Si accostò e, piano piano,

lei distese la sua mano:

 

lo voleva catturare

per costringerlo a cantare

e gli dava per casetta

una piccola gabbietta.

 

Ma il grilletto intelligente

capì tutto immantinente

e con grande furberia

spiccò un salto e scappò via.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LA FARFALLA

 

In un bel giorno di primavera

quando sui prati sorridono i fiori

una farfalla volava leggera

con le sue ali dai mille colori.

 

Lei si fermava sui dolci profumi

di molti fiori e tornava a volare;

era un gioiello sui tanti costumi

che alla natura piace indossare.

 

Sopra una rosa danzava felice,

volava morbida sul girasole,

sembrava proprio un’imperatrice

mentre volava su ciocche di viole.

 

Poi, uno scroscio di pioggia improvviso

cadde sui fiori, sull’erba, sui tetti

e la farfalla volò in Paradiso

dando le ali a due angioletti.

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IL TOPOLINO

 

Un topino affamato certamente

mi gira dentro casa indisturbato.

Divora tutto e non mi lascia niente

dal pane ai biscottini al cioccolato.

 

Se lascio in giro la mia merendina

ritrovo solo briciole e nient’altro.

Per essere una bestia piccolina

l’animaletto è certo molto scaltro.

 

Mi son nascosta dietro una poltrona

ed ho scoperto tutto stamattina:

la vera mangiatrice furbacchiona

era soltanto la mia sorellina.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LA FORMICHINA

 

Ecco lì, una formichina

corre verso la dispensa,

cerca qualche briciolina

da portare alla sua mensa.

 

Non vorrei scacciarla via,

ma non so che cosa fare,

ché la merendina mia

forse lei vorrà rubare.

 

So che c’è una merendina

proprio dentro la credenza;

se ci va la formichina

dopo io rimango senza.

 

Guardo ancora l’insettino

e mi chiedo: «Cosa faccio?»

Poi distendo il mio ditino,

l’allontano e non la schiaccio.

 

 

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LA BALENA VERDE

 

Nonno, voglio una balena

e la voglio tutta verde

con al collo una catena

così in mare non si perde.

 

E vederla sulle onde

con gli sbuffi rossi e blu

che si tuffa e si nasconde

con la coda volta in su.

 

La vorrei però in giardino

nella vasca o dentro un fosso

che giocasse a rimpiattino

con il pesciolino rosso.

 

Corri, nonno, come il vento,

compra e torna per la cena.

Ma, se vuoi farmi contento,

non tornar senza balena.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LA CORONA DEL RE

 

Nel castello di Verona

c’era un re con la corona.

La corona era di cera

e si sciolse a primavera.

Lui ne fece un bel disegno

e la fecero di legno;

però il legno si bruciò

e il sovrano si arrabbiò.

«La farò d’oro e d’argento»

disse il re tutto contento.

Quando poi si addormentò

venne un ladro e la rubò.

Era triste, poverino,

ma gli disse un bel bambino:

«Te la faccio col mio cuore!»

E fu il regno dell’amore.

 

 

re

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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L’ALBERO DI NATALE

 

La notte di Natale

ho fatto un sogno bello,

davvero eccezionale:

sognavo un alberello

 

tutto pieno d’argenti,

di luci e di colori,

di stelle rilucenti

da far gioire i cuori.

 

Ho appeso ai suoi rametti

gli sguardi di mammina

e tutti i suoi bacetti,

quelli d’ogni mattina.

 

Ho appeso le carezze

leggere della nonna

e poi, con tenerezza,

le favole del nonno;

 

della mia sorellina

i baci delicati

e del mio babbo, infine,

gli abbracci appassionati.

 

D’un tratto, per magia,

le luci e gli splendori

sono scomparsi via,

sono scappati fuori.

 

Però quell’alberello

splendeva ancor di più

ed era ancor più bello

nel giorno di Gesù.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LE COCCINELLE

 

Nel mio giardino, in primavera,

dalla mattina fino alla sera,

le mie piantine son sempre belle

perché ci sono le coccinelle.

 

Sono bellissime, rosse a puntini,

sulle corolle dei fiorellini

e sulle foglie degli alberelli

sembrano gocce fatte a pennelli.

 

Se sulle spalle ne vola qualcuna,

la nonna dice che porta fortuna.

Io non lo so, ma col vostro permesso,

la coccinella mi piace lo stesso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’ELEFANTINO

 

C’era un elefantino

davvero piccolino

col naso troppo corto

e il muso un poco storto.

 

Aveva un bel pancino

e un piccolo codino,

le orecchie un po’ pendenti,

però due lunghi denti.

 

Non mi girava intorno,

taceva tutto il giorno,

faceva tenerezza

perché era … di pezza!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LE MIE MANI SON FATATE

 

Le mie mani son fatate,

son pulite e profumate,

tante cose sanno fare

per giocare e lavorare.

 

Sanno prendere i colori

per dipingere dei fiori,

sanno usar le forbicine

per tagliar le figurine.

 

Il cucchiaio sanno usare

solamente per mangiare,

sanno usare la forchetta

e infilare una polpetta.

 

San tirare, modellare,

sanno pure accarezzare;

sono svelte e sono accorte

per richiudere le porte.

 

Sanno aprire lo zainetto,

sanno chiudere un cassetto;

la sinistra con la destra

fanno “ciao” alla maestra.

 

Se si stancano un pochino

fanno pure un riposino

nelle tasche o sulla testa.

Ed allora fanno festa.


 

 

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LETTERA DI NATALE

DI UN TOPOLINO

 

Caro Gesù Bambino,

io sono un topolino,

che vuole per Natale

un dono un po’ speciale.

 

Regalami un cestino

pieno di noccioline

e un pezzo di formaggio

per fare qualche assaggio.

 

Togli le unghie al gatto

sennò divento matto

e poi, senza incidenti,

fagli cadere i denti.

 

Siccome, se lo vuoi,

sai fare ciò che puoi,

rompi, con due parole,

le molle alle tagliole.

 

Io so che tu sei buono;

fammelo questo dono.

Rendi, Gesù Bambino,

felice un topolino.

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LO SPORCACCIONE

 

Lo sporcaccione, se vuol mangiare,

le sue manine non va a lavare,

mette la bocca sopra il bicchiere

senza pulirsela prima di bere.

Ficca le dita negli spaghetti,

mangia la carne senza forchetta,

rotola e sbriciola il suo panino

come se fosse un maialino.

Non sta seduto, salta e cammina

e fa cadere la sediolina.

È sempre sporco, unto e macchiato.

È veramente uno screanzato.


 

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LA SERA DEL NONNO

 

Io sono un nonno e quando vien la sera

e i rumori di strada vanno a letto,

sul mio viso si stampa un bel bacetto

fresco come un mattino a primavera.

 

Sull’altra guancia, ancora più sonoro,

un grappolo di baci si sciorina

quasi fossero grandine divina

piovuta addosso da una pioggia d’oro.

 

E l’animo trascende la sua pace

scalando il cielo verso l’infinito

tra voci  e risa. E il giorno intorpidito

si ridistende finché l’ora tace

 

e accoglie il sonno d’una notte breve

come i giorni che il tempo, tra le dita,

mi ruba dal bagaglio della vita

finché cadrà su me l’ultima neve.

 

Gelosamente soffro l’impazienza

del mattino che viene e dei sorrisi

che illuminano belli i loro visi

e che danno ragione all’esistenza.

 

E poi sarà di me ciò che Natura

segretamente medita e dispone

in leggi eterne che sul mondo pone.

Per ciò la vita è bella… finché dura!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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INDOVINELLI

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Semplici giochi per bambini molto piccoli.

Si fondano su risposte assonanti con il penultimo verso.

È un intrattenimento che stimola la conoscenza elementare di cose legate spesso alle loro funzioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nasco nell’orto, bello, sdraiato

e sono un tipo molto apprezzato.

Tutti mi vogliono; il ricco e il povero:

son rosso e dolce. Sono il …………….

 

Mi sveglio all’alba tutte le mattine

perché io dormo come le galline.

Con il mio canto butto giù dal letto

i dormiglioni. Sono un bel ………

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ho molti cappelli di mille colori,

sto giù tra le foglie però non ho fiori,

in fretta io cresco da sera al mattino

e piaccio ai golosi col mio profumino.

 

La gente mi cerca e, quando mi trova,

non è mai contenta finché non mi prova.

Percorrono il bosco, mi cercano a lungo

perché mi nascondo. Io sono un bel ………….

 

Mangio spine e non mi pungo

ed ho il collo lungo lungo,

sulla pelle ho tante macchie,

due cornetti tra le orecchie.

 

La mia casa è la savana

perché io sono africana.

Bevo d’acqua una caraffa;

sai chi sono? La …………

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sulla testa ho la criniera

ed un’anima guerriera;

per coraggio non ho uguali,

sono il re degli animali.

 

Ho le zanne lunghe e forti,

coda lunga, orecchi corti;

ho un ruggito da campione

perché io sono il ………….

 

Se mi vedi, sembro un cane,

ma non mangio pasta e pane,

mangio, invece, porcellini,

pecorelle ed agnellini.

 

Quando lancio un ululato,

ogni bimbo è spaventato.

Sto nel bosco fitto e cupo;

sai chi sono? Sono il …………….

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Al mattino è ben pulito,

ordinato, bello e fresco

e protegge il mio vestito

al mattino quando esco.

 

Vado a scuola e, quando torno,

è sgualcito, un po’ sporchino

e lo lascio nel soggiorno.

Che cos’è? Il …………………….

 

Pallida e tonda,

m’affaccio di sera

e un po’ mi nascondo

se il cielo è più nero.

 

Ho tante lucine,

ne accendo più d’una,

le tengo vicine

e sono la …………….

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

È un cupolino che in giro si vende,

uno lo porta per stare sicuro.

A volte s’apre, a volte si appende

se il cielo è limpido oppure è scuro.

 

D’estate dorme, esce d’inverno,

ma resta a casa quando fa bello,

dentro non serve, serve all’esterno

solo se piove. Questo è ……………….

 

Lunga e sottile,

sono appuntita,

scrivo sul foglio,

son la ………….

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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IL RAGIONAMENTO DELL’AGNELLINO

 

Io sono un agnellino in mezzo al gregge,

sono nato da poco, si capisce;

ma quando viene Pasqua, c’è una legge

per cui si sa, per me, come finisce.

 

Eppure, nelle fiabe per bambini,

io faccio tenerezza, ispiro amore;

tutti guardano ai poveri agnellini

davanti al lupo, con la stretta al cuore:

 

«Povera bestiolina! È in un bel guaio

davanti a quel lupaccio farabutto,

che, con la crudeltà di un macellaio,

lo tormenta sbranandolo di brutto.»

 

Son simbolo di pace e son modello

d’ingenuità, di cosa che non nuoce.

Persino Gesù Cristo è detto “agnello”

per via del sacrificio sulla croce.

 

Ma quando c’è di mezzo l’appetito

per cui la gola prende il sopravvento,

l’uomo si fa carnefice incallito,

dimentica l’amore in un momento.

 

Qual è la differenza, voglio dire,

tra chi mi odia e chi mi dona amore?

Cosa cambia se poi dovrò finire

nella pancia del lupo o del pastore?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IL LUPO CON LA CRAVATTA

 

 

 

 

 

Un tempo, quando il lupo era sincero,

girava per il bosco, tristo e fiero.

Correva per i monti e per il piano

e lo riconoscevi da lontano.

 

Era solo per legge di natura

se alla gente faceva un po’ paura

e se rubava un capo di bestiame

lo faceva perché aveva fame.

 

Oggi, il lupo moderno ha la cravatta

e la sua fame è sempre insoddisfatta.

Il branco lo circonda e lo protegge

in obbedienza a tutta un’altra legge.

 

Non ruba più per fame: è solo ingordo,

egoista, famelico e balordo.

Non è lupo di bosco. Quest’andazzo

è tipico del lupo di Palazzo.

 

LUPO_con la cravatta

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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FIABE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

È la trasposizione in versi della celebre fiaba di Charles Perrault.

Ha fatto parte delle attività didattiche di una seconda classe elementare nell’anno scolastico 1996-97, tant’è che gli stessi alunni ne hanno curato l’illustrazione.

Oggi rimane un ricordo simpatico che ci pare opportuno non buttare alle ortiche, se non altro per l’entusiasmo e la partecipazione emotiva dei ragazzi.

Per molto tempo una copia di questo lavoro è rimasto appeso alla parete, dietro la scrivania, nello studio di una docente di prima grandezza del Dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’Università della Calabria.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CAPPUCCETTO ROSSO

 

Vicino al bosco c’era una casetta:

vi abitava la mamma con Lucetta,

La vecchia nonna stava un po’ distante

in una casa in mezzo a tante piante;

viveva sola, povera vecchietta,

nella sua linda e piccola casetta.

Aveva regalato alla bambina

una graziosa e calda mantellina

d’un bel colore rosso, rosso fuoco;

e dal quel giorno, forse un po’ per gioco,

non volle più levarsela di dosso:

così fu detta “Cappuccetto Rosso”.

 

Una mattina, proprio al far del giorno,

la mamma tirò fuori dal suo forno

una focaccia morbida e fragrante,

dal profumino dolce ed invitante.                                  

Chiamò la bimba e disse: «Cappuccetto,

dovresti fare un piccolo viaggetto.»

«Sicuro, mamma! » disse la piccina

che già infilava la sua mantellina.

«Vorrei che tu portassi questo cesto

a casa della nonna; ma fa’ presto.

C’è una focaccia, burro e un po’ di vino.

E non fermarti mai lungo il cammino:

va’ sempre dritta lungo quel sentiero

e torna presto; sai che sto in pensiero!»

«Sta’ tranquilla!» rispose la bimbetta

e corse via prendendo la stradetta.

 

Attraversando il bosco a passettini,

Cappuccetto ammirava i fiorellini,

ne coglieva qualcuno, l’odorava,

mentre, nascosto, un lupo l’osservava.

Non avendo ancor fatto colazione,

pensò di divorarla in un boccone,

ma poi decise, per divertimento,

di giocare con lei: in un momento,

sbucò dal nascondiglio e in pochi istanti,

salutando, le si parò davanti.

«Buongiorno, bella bimba! Che carina,

che deliziosa questa mantellina:

con questo cappuccetto tutto rosso

ti sembra proprio disegnata addosso!»

«Grazie, signore! - disse la bimbetta -

Corro perché la nonna già mi aspetta.

Le porto questo cesto di provviste;

la nonna è così sola e tanto triste!»

«Dove vive la nonna?» chiese il lupo

nascondendo il suo brutto sguardo cupo.

«Oltre il bosco - rispose Cappuccetto

che non aveva proprio alcun sospetto -

c’è una casetta piccola e carina

con due finestre ed una porticina.»

«Ma tu - le disse il lupo - bimba mia,

da questa parte stai sbagliando via.

Prendi l’altro sentiero e, come il vento,

raggiungerai la nonna in un momento!»

Poi s’avviò correndo a lunghi passi,

superando cespugli, fossi e sassi,

per la strada più breve. Il delinquente

sarebbe giunto prima certamente.

Pensò: «Che scorpacciata, stamattina:

prima la nonna e poi la nipotina!»

 

Arrivato davanti alla casetta

provò a parlare come la bimbetta.

Bussò. «Chi è?» rispose la nonnina.

«Son Cappuccetto, la tua nipotina!»

«Entra! - disse la nonna - Alza il paletto.

Vieni da nonna, dammi un bel bacetto!»

Il lupo si avventò come in un volo

e la inghiottì in un boccone solo.

Indossò la camicia, la vestaglia,

le calze fatte con i ferri a maglia,

mise la cuffia in testa e l’occhialino,

poi s’infilò di corsa nel lettino.

E ripensava, nell’attesa ansiosa:

«Ma quando arriverà quella smorfiosa?»

 

Poi, finalmente, da una finestrina

vide spuntar dal bosco la bambina.

Fece bussare, poi, con la vocetta,

come se fosse stata la vecchietta,

rispose: «Avanti, bella nipotina,

tira il paletto della porticina.»

Il malandrino già fantasticava

con l’acquolina in bocca; egli pensava:

«La mangerò con tutto il suo mantello;

sarà più deliziosa di un agnello!»

Cappuccetto ripose il suo cestino

al centro di un grazioso tavolino,

poi sgambettò con fare civettuolo

verso la vecchia nonna; ma il lenzuolo,

tirato apposta fino all’occhialino,

non le fece vedere il malandrino.

Stava per darle un bacio e all’improvviso

stette meglio a guardar la nonna in viso.

«Strano - pensò - mi accorgo solo adesso

che quello sguardo non è più lo stesso;

chissà che strana e brutta malattia

ha ridotto così la nonna mia.»

 

Si accostò sorridendo al capezzale

immaginando come stesse male

la poveretta tutta imbacuccata

fin sopra gli occhi, tanto era malata.

«Nonna, che occhi grandi, stamattina!»

«È per vederti meglio, mia bambina!»

«Che orecchie, nonna. Sono proprio enormi!»

«È per sentirti pure quando dormi.»

«Che braccia lunghe! Prima erano corte.»

«Sono così per abbracciarti forte!»

«E la tua bocca, nonna? E questi denti?

Sono così affilati! Mi spaventi!»

Non disse più nemmeno una parola

che già il lupo l’aveva nella gola;

inghiottita di colpo in un boccone

si trovò con la nonna nel pancione.

 

L’animalaccio, dopo il bel pranzetto,

pensò di ritornarsene sul letto:

«Una dormita è quello che ci vuole;

riposerò fino al calar del sole.»

Russava così forte l’animale,

come i tuoni durante un temporale;

E fu così che tutto quel rumore

insospettì di colpo un cacciatore

che, passando vicino alla casetta

e conoscendo bene la vecchietta,

capì che non poteva, poverina,

russando, far tremare la casina.

S’accostò alla finestra, guardò dentro,

spianò il fucile: Bum! E fece centro.

Vide la pancia enorme del lupaccio,

si rese conto, e disse: « che faccio?»

Tirò fuori un coltello dalla tasca,

bevve un sorso di vino dalla fiasca,

e fece uscire con due coltellate

nonna e  nipote tutte spaventate.

 

Passata l’emozione, fu gran festa:

si mangiò quel che c’era nella cesta

e poi, per continuare l’abbuffata,

persino la dispensa fu vuotata.

E Cappuccetto, sul finir del giorno,

era già sulla strada del ritorno.

Entrata in casa ch’era quasi sera,

trovò la mamma trepida e severa.

Le corse in braccio e, con lo sguardo in giù,

«Perdono - disse - non lo faccio più!»

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Da Fedro

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IL LUPO E L’AGNELLO

 

Un grosso lupo, dalla sete spinto,

giunse all’acqua, guidato dall’istinto.

Poco più giù, beveva, poverino,

tranquillo e spensierato, un agnellino.

 

«Perché mi sporchi l’acqua, maledetto?»

disse, arrogante, il lupo al poveretto.

Rispose l’agnellino: «Come posso,

se tu dall’alto me la mandi addosso?»

 

E il lupo ribadì con l’occhio tetro:

«Sei stato proprio tu, sei mesi addietro,

a sparlare di me ed è il momento

che paghi per il tuo comportamento.»

 

«Ma come? - lamentò lo sfortunato –

Sei mesi fa non ero ancora nato!»

«Allora fu tuo padre!» gridò il lupo,

tristo, affamato e con lo sguardo cupo.

 

Poi fece un balzo e, senza esitazione,

divorò l’agnellino in un boccone.

Nella vita, di fronte al prepotente,

chi ci rimette è sempre l’innocente!

 

 

lupoeagnello

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

fedro2

 

LA RANA E IL BUE

 

Una rana che saltava

sulla riva di uno stagno,

vide un bue che ruminava

e lasciò di farsi il bagno.

 

«Che animale grande e grosso!»

disse allora la ranocchia

e, soffiando a più non posso,

si appoggiò sulle ginocchia.

 

«Voglio esser grossa anch’io.»

Prese fiato e si gonfiò,

«La più grande sarò io.»

E a gonfiarsi continuò.

 

Si gonfiò talmente tanto

che la pelle si strappò

e la rana in un istante

fece «Cra!» e poi scoppiò.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Da Esopo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IL VENTO E IL SOLE

 

Un giorno, il vento litigò col sole

dicendogli che lui era più forte,

che può spostare tutto ciò che vuole,

spogliar la gente, spalancar le porte.

 

Il sole, sorridendo divertito

al vento presuntuoso e mascalzone,

disse che il suo potere era infinito

e avrebbe dato una dimostrazione.

 

Percorreva la strada sottostante,

un poveraccio tutto imbacuccato.

Si sfidarono a spese del passante

dicendo che lo avrebbero spogliato.

 

Allora il vento cominciò a soffiare

con grande forza, ma il malcapitato

legò il mantello e, senza camminare,

si acquattò dietro un posto riparato.

 

Il sole, allora, sciolse il suo calore

coi suoi raggi di fuoco e il poverino,

tormentato dal caldo e dal sudore,

si tolse fino all’ultimo calzino;

 

poi si bagnò nell’acqua di un torrente

spruzzandosela addosso con la mano.

Il sole, quindi, risultò vincente

e il vento scappò via molto lontano.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

leone-moscerino4

LA ZANZARA E IL LEONE

 

Una furba zanzarina

si svegliò una mattina

con la ferma decisione

di sfidare il Re Leone.

 

Il felino grande e grosso

sghignazzò a più non posso,

poi decise di accettare

anche solo per provare.

 

L’insettino furbacchione

gli si pose sul nasone

punzecchiandolo di brutto

e gonfiandoglielo tutto.

 

Il leone, dal bruciore,

si grattò senza pudore

e si fece, sciagurato,

tutto il naso insanguinato.

 

Gli animali, in adunata,

fecero una gran risata

e così la zanzaretta

volò via in tutta fretta

 

e incappò, per distrazione,

nella tela di un ragnone,

che l’avrebbe, come un lampo,

divorata senza scampo.

 

Il leone, in un minuto,

corse presto a darle aiuto,

distruggendo, meno male,

quella trappola mortale.

 

Poi le disse in un sorriso

e guardandola nel viso:

«Nella vita sempre c’è

chi è più forte assai di te!»

 

 

 

 

 

 

 

 

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Questo sito nasce per osservare e riferire un po’ di quanto si muove sulla scena politica a San Marco Argentano, prevalentemente nel palazzo comunale.

Balza agli occhi immediatamente che siamo di fronte ad uno scenario drammatico sul piano della qualità e della competenza.

Calca la scena un cast di “attori” dalla innata predisposizione per la recita a soggetto, che un finto regista muove secondo un concetto di intercambiabilità perenne. Comparse e primi attori si confondono nel tira e molla delle cariche affidate secondo la “strategia” del pressappoco, per cui vengono ritirate, riaffidate, rimodulate, mollate e riprese tra entusiasmi e musonerie che fanno parte del canovaccio, come una scena da teatro dell’arte di qualche secolo fa.

Sembra di assistere ad una rappresentazione dell’opera dei “pupi”, con la differenza che il “saracino” qui è nel Palazzo, dove è entrato con le sue truppe allineate e coperte marciando all’inno di “Aggiungi un posto a tavola”.

Gli amici di ieri sono i nemici di oggi e Dio solo sa che cavolo saranno domani.

Il cielo ci è testimone, immobile come gli allineati.