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Roma, 01//10/2021

Una impietosa “giustizia”

  Per una piena comprensione della sentenza che ha condannato Domenico Lucano alla pena di anni tredici e mesi due di reclusione è necessario conoscere la motivazione della sentenza.

   Tuttavia la lettura del dispositivo consente di formulare una prima valutazione in merito alla sentenza stessa.

Dall’esame del dispositivo emerge che non è stata concessa a Lucano l’attenuante di avere agito “per motivi di particolare valore morale o sociale”, di avere cioè operato per finalità altamente altruistiche, per eliminare una situazione antisociale.

“Il contenuto antigiuridico del reato può coesistere con il valore morale e sociale dei motivi che possono averlo determinato”.

Si pone allora la domanda:

Il Lucano ha agito al fine di arricchirsi, di conseguire cariche pubbliche, ovvero al fine di accogliere integrare, inserire nella comunità profughi, senza terra né case né lavoro, e nello stesso tempo far rinascere il paese di Riace con tante case abbandonate e vuote?

Non risulta che il Lucano si sia arricchito.

Il Lucano è stato definito un “visionario” aveva una visione: dare un futuro ai migranti ed ai paesi abbandonati del sud.

Il modello di accoglienza elaborato dal Lucano era diverso da quello istituzionale che isola nei c.d. “Centri di accoglienza” i migranti, rendendo difficile se non impossibile qualsiasi forma di integrazione.

Sicuramente la gestione del Lucano è stata “pasticciata”; sono state violate norme di Legge.

Ma quel metodo, studiato ed apprezzato in tutto il mondo, è stato ritenuto dal Tribunale esclusivamente come un “metodo criminale” punito con una pena eccessiva, carente di equilibrio fra la severità della Legge e l’umanità.

Maria Gloria Attanasio