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27 luglio 2021

Io, tu e i social

Non sono un frequentatore assiduo dei “social”, non ne avverto l’esigenza né faccio dipendere da essi il fatto di esistere. Li immagino come il buco della serratura al quale mezzo mondo accosta l’occhio per cercare di penetrare nei fatti non propri, che gli altri non tentano neppure di nascondere, ma che spesso esibiscono senza pudore.

A me capita di utilizzarne raramente le funzioni unicamente per diffondere, quando ne ravviso la necessità, qualche scritto che riesca a divulgare alcune mie riflessioni sulla vita e sulle vicende della comunità nella quale vivo.

Capita, quindi, in queste rare occasioni, di spaziare nell’universo di esternazioni che vi proliferano attimo dopo attimo ingigantendo il corpo, già di per sé smisurato, di questa galassia senza luce che ormai abbraccia il pianeta da un polo all’altro. Si tratta di milioni di cellule disgregate e disordinate che caratterizzano la mostruosità di questo organismo immateriale che, quasi come per un processo di mitosi organica, cresce a dismisura un giorno dopo l’altro.

Qui tutti trovano accoglienza, che ne abbiano titolo o meno. Nella infinita varietà di lingue, idiomi, slang e Dio solo sa che cos’altro, ognuno dà libero sfogo alla propria creatività emotiva illudendosi che al di là del prodotto messo in vetrina si riescano a cogliere retro-pensieri, motivazioni, stati d’animo, messaggi in codice, pulsioni inconfessate, inviti, rifiuti. Ecco, allora, germinare in questo terreno, che risulta essere purtroppo di una fertilità sconcertante, intime vanità, timidezze violate, speranze sotterranee, profezie, anatemi; e ancora minacce, volgarità impunite, tentativi di riscatti da prostrazioni per viltà, sottesi e ridicoli narcisismi, esilaranti contraddizioni, deliranti teorizzazioni e tanto altro ancora. L’elenco potrebbe non aver mai fine se ci soffermassimo ulteriormente sui dettagli e ci attardassimo nell’analisi psicologica e sociologica di ogni singolo “contributo”.

Il meglio, tuttavia, si concentra nei diffusori di messaggi, talvolta subliminali, che hanno l’intento di orientare le opinioni della gente a spregio palese di ogni libertà di pensiero. Perché un conto è possedere gli strumenti antiplagio, altra cosa è, invece, risultare indifesi contro il tarlo della disinformazione tendenziosa instillata in dosi leggere, ma somministrata sottilmente nel tempo, come una pozione dall’effetto ritardato ma, alla lunga, efficace.

Ora, a parte le pagine curate da autorevoli fonti di informazione al di sopra di ogni sospetto, individuabili, peraltro, dal portato storico di cui si onorano e dalla chiara fisionomia socio-politico-culturale della struttura cui appartengono, che dire dei tanti signor nessuno che teorizzano confondendo le affezioni virali con le infezioni veneree, che interpretano il “no vax” come il non mescolarsi con le vacche e il “no mask” come l’esercizio della indifferibile libertà di andare in giro senza mutande? Sono gli stessi che ironizzano sul Green Pass associandolo alla croce uncinata, manifestando così le proprie simpatie e le proprie tendenze. Non hanno paura del contagio ritenendo che si tratti della conta delle pulci tra le pieghe delle proprie lenzuola, fino a quando, però, non finiscono tra le lenzuola di un letto d’ospedale con il culo per aria perché obbligati alla pronazione da esigenze terapeutiche, costretti ad elemosinare una boccata d’ossigeno per evitare di lasciarci le penne una volta per tutte. E sì che qualche mese fa ne abbiamo visti di questi fenomeni, che avevano perduto tutta la baldanza negazionista rientrando nella ragionevole dimensione umana dell’accettazione di una realtà che potrebbe tranquillamente ignorarti, ma che se decidesse di colpirti, te le darebbe di santa ragione.

Fatta questa premessa, caro signor nessuno, io non desidero che ciò accada; non per il tuo bene, ma per la mia tranquillità: saresti un elemento di contagio in più e non mi conviene averti tra le scatole. Anche se, pure così, risulti egualmente contagioso: qualche fessacchiotto potrebbe convincersi delle tue teorie e contrarre di conseguenza l’affezione virale. Dopo di che, dovrai avvertire il dovere morale di convincerlo che non avrà contratto un’infezione venerea perché i polmoni non hanno nulla a che vedere con altri distretti corporei e se ti dovesse servire un esempio convincente non dovrai fare altro che mostrargli la tua testa.

Per il momento, continua ad infestare i “social”, interpreta il ruolo dell’untore di seconda mano, spalma il tuo sarcasmo sul pane dei poveracci; ma nel frattempo attrezzati di qualche ragione scientificamente plausibile tanto da non avvertire la vergogna di esporla pubblicamente. Gli slogan e le battute servono a lastricare le piazze non ad aiutare i laboratori di ricerca a partorire nuove idee e nuovi presidi sanitari utili per salvare anche la tua pelle oltre a quella di chi ne è degno.

Libertà? E chi ti obbliga a vaccinarti? Sei libero di crepare come, quando e dove ti pare. C’è chi sostiene, però, che un colpo di pistola è molto più rapido per raggiungere l’obiettivo, anche se, purtroppo, ti toglie la soddisfazione di convincere altri a seguire il tuo esempio. Perché in fondo questo è lo scopo: convincere gli altri. Ad quid?

Ecco, alla fine, il nocciolo della questione: io non ti condivido, ma non voglio convincere nessuno a fare altrettanto, non ho interesse a farlo. Ho così tanta stima dell’altro da credere che abbia un pensiero autonomo al pari di me e che non abbia bisogno, quindi, di persuasori per denigrazione. Ma voglio concederti ancora un pizzico di buona fede: tu pensi di metterlo in guardia, di salvarlo da qualche cosa, da un pericolo imminente? Domanda: E chi lo mette in guardia da te? Chi lo salva dalle tue insinuazioni? Se non credessi nella sua autonomia di giudizio, penserei che tu voglia infinocchiarlo, prenderlo in giro, offenderlo nella sua originalità di pensiero.

Certe cose, come certamente saprai, potrebbero essere tollerate in campagna elettorale. È in quella circostanza che la gente si predispone pazientemente a farsi prendere in giro dai mille candidati che non voterà. Ma qui ci va di mezzo la pelle.

Allora, signor nessuno, fatti i… fatti tuoi!

Luigi Parrillo