La città politica (e non solo) alla luce del pensiero divergente

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3 maggio 2019

C‘era una volta

Si era in tanti nelle sezioni. E non mi riferisco solo a quella del mio partito, che, in verità ricordo meglio delle altre anche se, in fondo, erano tutte piuttosto simili nell’ambientazione, ubicazione a parte. Erano le sezioni della fine del ‘900, anni del secolo in agonia, che stava per consegnare il testimone ai primi vagiti del terzo millennio.

Tra le pareti tappezzate di manifesti che tenevano desta la memoria e stimolavano a percorrere la strada verso un futuro migliore (quanto meno diverso qualitativamente), un tavolo e tante sedie quasi sempre occupate, si teneva vivo il fuoco delle ideologie (e, conseguentemente, delle idee), che conferiva alla politica un tono ed un significato profondi, tradotti, in consiglio comunale, in dibattiti accesi, in rispettose contrapposizioni, in forti coesioni maggioritarie, tutti orientati verso il miglioramento e lo sviluppo della città.

Perché la città era al centro. E intorno ad essa orbitavano, come i pianeti del sistema solare, i partiti ed i soggetti umani che vi si riconoscevano.

Qualche giorno fa, rovistando quasi nostalgicamente nel carteggio che conservo come documentazione storica, poiché rappresenta una parte non proprio minoritaria dell’anima della nostra città, ho aperto un lunghissimo elenco di nominativi, alcuni di persone purtroppo scomparse, altri di soggetti “dispersi” per via. Erano le persone che condividevano l’appartenenza ad una idea politica che pensavano fosse importante (quanto meno utile) alla crescita del Paese.

Avevano un senso i simboli (non ancora personalizzati o, peggio ancora, personali) per i quali si spendevano entusiasmi, voglia di fare, ore di impegno diurno e, non di rado, notturno. Avevano un senso gli inni a ritmo di marcia e la loro melodia storica e trascinante, che riempiva le piazze ancora gremite per ascoltare comizi di elevato tenore politico, che si articolavano attraverso frasi e periodi di senso compiuto. Ne avverto ancora gli echi e ne ricordo tutte le parole.

Ora, giusto per rimanere nei confini della nostra piccola comunità, va detto che gli eredi di questo ricco patrimonio storico ne hanno travolto e stravolto il senso. Si sono impossessati con prepotenza soltanto degli errori e dei difetti della vecchia classe politica, esasperandone il negativo ed espungendone il positivo. Senza conoscere un briciolo della propria storia e di quella del proprio partito, hanno continuato a nutrire la propria ignoranza confondendo la polis con il proprio orticello, il bene comune con gli interessi di parrocchia, il linguaggio politico con frottole da bar-sport o con post vuoti e sgrammaticati sui social network.

Ed eccoli là: migranti abituali sulla scacchiera dell’attuale panorama politico-amministrativo della nostra città, che hanno trasformato l’antica “libertas” in libertinaggio, lo storico “sol de l’avvenir” in il soldo è l’avvenire, l’appassionante simbolo de “L’unità” in colpevole e smemorata disgregazione. Rimane sullo sfondo una pessima “Lega” di metalli non nobili. Si tratta di gregari residui di una Gallia Cisalpina, la quale, quasi per vendicarsi del fatto di essere stata stracciata e mortificata da Giulio Cesare, ha pensato di sfondare i confini ed inquinare il Senato di Roma, complice un movimento autoreferenziale, volatile, politicamente approssimativo e pertanto in lento, ma progressivo, impoverimento.

Allora, tutto doveva rimanere com’era? – mi si potrebbe chiedere. Certo che no! Ho abbastanza anni e sufficiente istruzione per capire che la storia non si ferma, né torna indietro. Però bisogna conoscerla. Solo conoscendola diventa un libro aperto da leggere quando se ne ha la necessità o se ne avverte il bisogno. È un po’ come una moviola: osservandola attentamente puoi riconoscere gli errori e far tesoro dei fatti positivi. I primi per non ripeterli, i secondi da perfezionare e da usare come base culturale per le proprie azioni. Bisogna, tuttavia, saperla leggere oltre a volerla leggere e per fare ciò, oltre alla scuola della vita, bisogna aver frequentato buone scuole. E aver appreso, naturalmente.

Tutto ciò dovrebbe indurre a non rinnegare i valori fondamentali, e per ciò stesso universali, della vita dell’uomo e ad aver rispetto di quelli particolari e tradizionali del proprio piccolo, che comprende memorie, affetti, esperienze.

La storia parte a ritroso da ieri, non dal secolo scorso. Se costa troppa fatica ricordarla o ci si sente a disagio, vuol dire che c’è qualcosa che non va. E va rimossa o riparata prima che sia troppo tardi.

Luigi Parrillo