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San Marco Argentano - Polis

 

 

30 gennaio 2014

 

 

Si confessano uno alla volta

 

 

Il 9 maggio 2013, Calabria Ora pubblicava un articolo dal titolo “La confessione di Serra” (vedi). Oggi, a distanza di nove mesi (quasi un parto naturale dopo una gravidanza a termine - guarda caso -) la locandina dello stesso giornale, affissa sulla porta delle edicole, riporta in caratteri cubitali “LA CONFESSIONE DI TERMINE”(leggi), per la serie: la società ha sempre bisogno di un martire o di un colpevole.

«Mi hanno usato per far fuori Serra» dice testualmente l’ex sindaco della città, abbondantemente caricaturato e messo alla berlina durante tutto il perdurare della sua carica. Se avessimo bisogno di descriverlo, non basterebbe un intero volume; ma sappiamo che il soggetto è ben noto per le sue caratteristiche politiche. A scanso di equivoci, va detto, tuttavia, che sul piano umano egli riscuote tutta il nostro rispetto e la nostra comprensione.

Però, quando dice «mi hanno usato», dovrebbe avere il buon senso di dire anche chi lo avrebbe usato, con quale sottile stratagemma dialettico, con quali argomentazioni convincenti. O non piuttosto, è vittima di recondite ambizioni, di una sorta di narcisismo fuori luogo, di difficoltà di ordine “pratico”, di una piccola, temporanea levata di testa contro la sottomissione che oggi, purtroppo per lui, ritorna allo scoperto?

Si, perché uscir fuori oggi con quella confessione a dir poco inopportuna, quanto inutile, non denota altro. Egli poteva continuare a far passare sotto silenzio un fallimento politico che aveva, a sua difesa, numerose concause. Invece ha preferito rispondere al suo istinto-dovere di sottomesso, proponendosi con una serie di argomentazioni che portano acqua, oggi come non mai, al mulino del suo dominatore di sempre. Nemmeno gli avesse venduto l’anima e la dignità.

Il nostro Albertone dovrebbe rendersi conto che questa uscita infelice risulta ancora una volta un argomento vano per far risplendere all’orizzonte il suo antico sole, così come lo è stato per ecclissarlo. Non incide, non fa presa.

Ad quid? - ci chiediamo noi! Che cosa ci guadagna? Si percepisce immediatamente che la sua “confessione” non è altro che una recita a soggetto. A puntate, anche. Probabilmente, la cosa durerà a lungo; forse il tempo di una campagna elettorale. Man mano che verranno in mente a chi di dovere argomentazioni utili alla causa del ramarro, lui le sputerà fuori a comando. A cinque mesi dalla mozione di sfiducia, c’era proprio bisogno di rigirare il mestolo nel pitale per restituircene tutto il cattivo odore? Figuratevi che ha incautamente ripreso la vecchia strategia di spaccare ulteriormente il paese (tecnica elettorale tanto cara al suo burattinaio-padrone), imputando la causa del suo fallimento e della sua caduta a “quelli del centro storico”. Non c’è cosa più scorretta e in mala fede. È un film già visto.

Recrimina su Diodato, rimpiange Mileti, mentre dimentica i dimissionari a singhiozzo della sua parte politica. Che, oggi, vorremmo capire qual è, visto che si è scelto il ruolo di spianare la strada, forse stavolta leggermente in salita, di chi una collocazione politica non ce l’ha, perché non l’ha mai dichiarata e, l’unica volta che lo ha fatto, l’ha immediatamente rinnegata. Ci par di capire che l’unica parte per la quale lotta, non sempre correttamente, è la sua. Non ne conosce altre: i fatti parlano da sé.

«Mi hanno usato per far fuori Serra» ribadisce il tenero Albertone. E oggi c’è chi lo usa per far fuori i nemici di Serra. Che destino infame! È sempre usato da qualcuno. Evidentemente, la sua innata propensione a farsi usare è il suo punto di maggiore orgoglio.

Per oggi, basta così. Siamo in attesa di leggere le successive puntate di questa strana confessione a scoppio ritardato. Chissà che non venga fuori qualche piano segreto o ci dirà che volevano usarlo per “far fuori” i vertici della Banca d’Italia.

Luigi Parrillo