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San Marco Argentano - Polis

 

 

3 giugno 2014

Sentite cosa Fo…

Può accadere, qualche volta, che una trasmissione televisiva di prima serata, nella fattispecie quella emessa dalla rete ammiraglia della Rai domenica 1 giugno, induca a riflessioni profonde, che forse vanno al di là delle intenzioni dei suoi ideatori.

In realtà, si trattava della messa in onda di una rappresentazione piuttosto variegata, che andava in scena all’Arena di Verona e che rievocava il meglio della lirica e del musical. In quella sintesi ardita di arte, musica e spettacolo, fece eco tra gli ospiti la figura di Dario Fo.

Questi dichiarò immediatamente che, nonostante il suo ateismo e la sua adesione all’ideologia marxista e leninista, avvertiva la necessità di difendere la figura imponente e significativa di Papa Bergoglio, recentemente attaccata da noti intellettuali con la I maiuscola, che interpretavano il suo comportamento e le sue esternazioni come una pura e semplice strategia pubblicitaria, di marketing, come se fosse né più né meno che un furbacchione. La ragione di tutto ciò, sostiene Dario Fo, è dovuta al fatto di aver preso posizione contro il mondo degli affari e del grande business internazionale, di avere stigmatizzato l’ossessione del profitto a danno della povera gente che arranca quotidianamente per far quadrare il bilancio familiare, spesso non riuscendoci.

Il premio Nobel per la letteratura, riconoscendo, invece, al capo del cattolicesimo una perfetta identificazione tra il nome scelto per la sua figura papale e il poverello di Assisi, dava una interessante interpretazione al discorso di Papa Francesco, che distingueva, in maniera netta, il peccato dalla corruzione.

Parlando, il 27 marzo scorso, a quasi cinquecento parlamentari tra ministri, sottosegretari e i presidenti delle due camere, rievocava il farisaismo dei tempi di Gesù Cristo. Una classe dirigente che si era allontanata dal popolo (dominavano soltanto interessi di partito e lotte interne), lottava solo per affermare la propria ideologia e scivolava inesorabilmente verso la corruzione. È molto difficile – sosteneva – che un corrotto riesca a tornare indietro; il peccatore si.

Era come se volesse dire che la Chiesa, disposta sempre a perdonare il peccato, assumeva un atteggiamento diverso nei confronti della corruzione. Tanto per dirne una, basta ricordare una famosa omelia nella quale parlò, in termini molto espliciti, di pane sporco.

Fu da quel momento, probabilmente, che il papa venuto dall’altra parte del mondo si alienò le simpatie di un certo ceto, discutibile sul piano etico, ma che contribuisce in gran parte a determinare l’andamento dei flussi finanziari interni ed internazionali, da cui dipendono, purtroppo, anche i governi e le loro vicissitudini.

Non è condiviso da una certa categoria sociale, il tentativo di Francesco di ridisegnare il ruolo della Chiesa. Fa paura la sua determinazione di migliorare il mondo. «Non rimanete seduti sotto il vostro campanile mentre il mondo se ne vada dove gli pare» disse ai vescovi in apertura della conferenza episcopale. E ancora: «Quanto è vuoto il cielo di chi è ossessionato da se stesso». Poi l’invito a non cadere nella trappola della mediocrità e del lassismo, che non oppongono barriere alle deviazioni del mondo della politica e delle cose ad essa correlate.

Ecco cosa può offrire una parentesi non strettamente spettacolare, che impreziosisce una serata offerta da una televisione non commerciale che, forse non proprio volontariamente, si rivela servizio pubblico autentico, nelle sue sfaccettature educative e formative. Parlare alla testa e al cuore, piuttosto che alla pancia, non sarà utile sul piano del marketing, ma serve alla crescita sociale e culturale, intesa come fondamento indispensabile perché avvenga il cambiamento del mondo come lo intende Papa Bergoglio.

La fede non è solo processioni. È un bisogno interiore che si alimenta di verità, di bontà e di bellezza. Ma anche di onestà e di parole forti, quand’anche non gradite dai nuovi farisei.

E tra meno di venti giorni, il Papa sarà in Calabria, nella nostra provincia!

Luigi Parrillo