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San Marco Argentano - Polis

 

 

 

21 ottobre 2013

La strategia dei ramarri

 

Lentamente, goccia dopo goccia, la zona industriale-commerciale (chiamatela come volete, tanto non cambia nulla) si sta svuotando della sua valenza e delle sue funzioni. E si che di funzioni ne aveva più d’una: economica, occupazionale (seppure temporanea), di sviluppo sociale. Ma più di ogni altra cosa, risaltava la funzione (forse è meglio dire la funzionalità) politica, mirata non solo e non tanto alla crescita della città, quanto alla crescita globale di qualche personaggio che mai e poi mai risentirà del depauperamento della struttura o della chiusura di qualche azienda in crisi.

Giorno dopo giorno, una cellula del grande apparato si spegne - o rischia di spegnersi - e con essa vanno in fumo – o rischiano di andare in fumo - le speranze e le attese di chi pensava di aver dato una regolata a lungo termine alle esigenze della propria famiglia, magari costruita sulla scorta delle presunte certezze economiche, promesse e sbandierate all’inizio, ma poi tradite nel corso degli eventi.

Su questi equivoci si sono fondate le fortune di pochi arruffapopolo, tuttora considerati padreterni in terra, che oggi pensano di poter ancora sfruttare le difficoltà umane caricando su di esse, con evidente cinismo, nuove speranze per nuove illusioni.

È emblematico il caso degli ex dipendenti della “Dolce Forno”, fallita nel 2009, che attendono miracoli economici dalla Regione Calabria al fine di alleviare le sofferenze derivanti dai postumi di questi fallimenti, i quali producono “drammi sociali” - come li virgoletta, senza attribuirle ad alcuno, il corrispondente de l’Ora della Calabria di cui si pubblica il pezzo integrale del 19 ottobre scorso -.

Ma quali miracoli economici!?! L’importante è non sfiorare minimamente, neppure con il pensiero, le indennità e i vitalizi dei consiglieri regionali. Tutto il resto è relativo, come diceva una vecchia pubblicità della Fiat.

Allora, forse è meglio elaborare nuove considerazioni, meno frettolose e meno leggere di quelle fatte tempo addietro, quando ancora, con esagerata ingenuità, si dava credito alle millanterie dei caporali in cravatta, che aprivano grandi panorami di sviluppo nei quali non credevano neppure loro.

Ecco la considerazione principale da fare oggi, con un pizzico di legittimo sospetto: quell’apparato, così com’era, non serviva più alla carriera di nessuno. Raggiunto il primo ambizioso traguardo, tutto il resto può andare a rotoli; quel complesso, così strutturato, non è più utile nella sua staticità. Per ulteriori crescite servono altri apparati, o apparati rinnovati. La storia e le cronache ce lo insegnano.

E così si parla di nuovi insediamenti, che alimentino nuove speranze e che aprano nuove prospettive occupazionali a tempo dubbio. Bisogna, insomma, incanalare nuove sorgenti che portino nuova acqua (o acqua riciclata) al solito mulino.

Nuove voci, infatti, dal tempismo rigorosamente calcolato, circolano negli ambienti deputati a spargere il seme dell’informazione utile. Nuovi infestatori – talvolta inconsapevoli, ma ben utilizzati – spargono numerose pulci nelle orecchie sempre attente di chi spera che si aprano nuovi panorami interessanti sul piano dell’occupazione. Così, buttata l’esca e lanciate le reti, il pescatore attende sornione di tirarle a riva, gonfie e brulicanti: l’atteso bottino per un desiderato ulteriore lungo periodo di sopravvivenza. E in certe primavere, si sa, la pesca è più abbondante che in altre.

A tutto questo vanno aggiunte le trappole disseminate in giro per neutralizzare anzitempo i probabili concorrenti. C’è già chi pensa di precostituire conflitti di interesse per eventuali candidati dalla ingenuità tipica dei non addetti ai lavori. Pare che alleati impensabili abbiano già lavorato in tal senso, non sappiamo con quanta buona fede. Ma ce ne accorgeremo molto presto, poiché nulla avviene per caso.

Questo è quanto si può dire oggi. Per il seguito, si attendono nuovi indizi rivelatori.

 

Luigi Parrillo