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La città politica (e non solo) alla luce del pensiero divergente |
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Contatti: info@sanmarcoargentano-polis.it |
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6 maggio 2021 Non poteva che essere così Ho riflettuto a lungo prima di accingermi a commentare
il recente pezzo di cronaca della Gazzetta del Sud. Ma era un atto dovuto, se
non altro per una indifferibile attenzione nei confronti delle decine di
migliaia di contatti [circa 50.000] che, dal maggio 2013 ad oggi, il sito www.sanmarcoargentano-polis.it
ha fatto registrare per via delle opinioni, condivisibili o non, pubblicate
con dovizia di elementi e di particolari. Ciò dimostra che non v’è
soddisfazione alcuna nella presa d’atto della scontata condanna di cui al
titolo in immagine, ma un senso di profonda amarezza che nasce dalla
ingenuità socioculturale che mi aveva fatto sperare nel pieno riscatto delle
periferie che, nella società sammarchese sono state storicamente parte e
controparte di una antipatica e retrograda dicotomia sociale, che ha preso
timidamente a spegnersi solo in anni molto recenti. Resistono soltanto alcuni
piccoli focolai, interessate battaglie di retroguardia e di conservazione,
che ritengo siano alimentate ad arte per strategie “politiche” ed economiche.
L’analisi, tuttavia, non può
trovar posto in questa sede. Rimane, in ogni caso, il problema della
rappresentanza in un tessuto sociale che si trova ad essere depositario di
una doppia responsabilità: quella, cioè, di aderire tout court al giudizio della magistratura e quella, viceversa, di
cercare attenuanti che ne confondano i contorni e ne attenuino le tinte. La
prima afferisce al diritto positivo (jus in civitate positum), la
seconda trova alimento nella coscienza morale di ciascuno. Essere rappresentati nei consessi
dove si decide dei nostri destini (o, molto più semplicemente, delle nostre
vicende quotidiane) comporta una profondità di riflessione ed una capacità di
incidere con la propria singolarità nella progettazione del futuro, che mal
si attaglia alla leggerezza con la quale spesso si concede il nostro consenso
elettorale a qualsivoglia candidato. A
meno che non si sia tutti d’accordo nel pensare che un bene comune (cioè di
tutti) sia un bene di nessuno e perciò chiunque ne possa disporre a proprio
piacimento: si tratti di denaro pubblico, di un ospedale, di un di terreno
demaniale, di una strada, di una via cittadina o altro ancora. Ma a chi giova rigirare adesso il coltello nella piaga? Ormai
il male è fatto e, probabilmente, per qualcuno la ferita è indolore.
Sensibilità e soglia di sopportazione appaiono essere direttamente
proporzionali al coefficiente di complicità (intenzionale o meno) dello
stuolo di questuanti orbitanti come satelliti intorno al nucleo centrale del
sistema. Potrebbe risultare calzante l’immagine di un buco nero astrale, che
inghiotte persino la luce, e delle sue prepotenti implicazioni nello spazio
circostante. Ma da noi il cielo è così
distante! Luigi Parrillo |
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