La città politica (e non solo) alla luce del pensiero divergente

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8 gennaio 2016

Tie’, alla faccia dei fessi…

…e dei morti viventi che la mattina, alle otto e trenta, si accalcano puntualmente e a testa bassa davanti alla porta dell’ex pretura per consegnare i propri figlioli ai pochi insegnanti dimessi e intristiti da una allocazione impropria quanto insicura, nonché quasi provvisoriamente definitiva, senza che possano fare o dire niente, pena, a sentir loro, le arroganti invettive di chi è responsabile di questo sfascio.

Allo Scalo, invece è tutta un’altra storia: dopo il restauro durato un paio di mesi, gli alunni hanno ritrovato un «…edificio più bello, luminoso e sicuro. Rifatti pavimentazione e servizi igienici, adeguati gli impianti elettrici, sostituite le porte interne, ampliata un’aula e tinteggiate le pareti» per un importo di circa 150 mila euro. (vedi articolo allegato)

Da qui, lo sberleffo del gesto dell’ombrello per un centro urbano che sembra rivivere la fiaba di Cenerentola senza, beninteso, il lieto fine. Perché la fata buona di Cenerentola a San Marco Centro non esiste. E se, come qualcuno potrebbe sostenere, esiste, o è distratta o sta dormendo il sonno dei semplici. Fatto sta, comunque, che la scuola di Via Vittorio Emanuele è chiusa da due anni, mentre le altre si riaprono in due mesi. Alla faccia dei fessi!

Ci vuole tanto a rendersi conto dei due pesi e delle due misure? E quali ne sono le ragioni? Dove risiedono le responsabilità? Come mai tutti rivendicano i meriti delle cose fatte bene e nessuno è responsabile delle cose fatte male o, come nel nostro caso, delle cose non fatte?

È bello governare un popolo silente, che accetta i torti come fossero un raffreddore: prima o poi finirà. Smoccola davanti alle vetrate della dismessa pretura e attende tempi migliori, come fossero le stagioni, ciclicamente alternate dalle leggi dell’astronomia contro le quali non può nulla. Intanto serpeggia fra autobus in arrivo e in partenza, mentre gli addetti al traffico le spaccano i timpani con i fischietti in sibilo perenne per ricordare a pedoni e automobilisti che è opportuno convivere ordinatamente (o quasi) nel bailamme confusionario delle otto e trenta in quel maledetto incrocio. Ma anche alle tredici, orario di uscita della scuola primaria, la musica non cambia. E non cambia neppure la strana pazienza della gente.

A noi non resta che registrare questo fatto di cronaca locale, che la dice lunga su questa situazione determinata da una storia che ormai dura da troppo tempo per essere ricordata ancora una volta. E che ha tante cause, tutte note e sottaciute. Eppure rimovibili.

Luigi Parrillo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La tristezza di una scuola chiusa