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   31 agosto 2016 
  Dopo la cattiveria, ‘a ciutìa! 
   C’è voluta
  tanta cattiveria (e che cattiveria!) per chiudere l’ospedale di San Marco.
  Non c’erano ragioni valide alla base del provvedimento di chiusura. C’era
  solo malignità, coscienza sporca, interessi inconfessabili che nulla avevano
  di proiezione positiva sulla popolazione. Così, quindi, senza ragioni, senza
  una logica evidente e senza la minima esitazione, l’ospedale è stato chiuso
  tra metaforici applausi conniventi di una buona fetta di popolazione al
  servizio, che ancora oggi non si è svegliata dall’incubo che, prima o poi,
  terrorizzerà il sonno profondo nel quale giace da parecchio tempo, beata
  nella sua postura prona piuttosto che sdraiata. 
  Ma che volete? Nel paese in cui il delitto sociale viene
  scambiato per “bene comune” (tant’è che le gratificazioni ancora si sprecano
  ad ogni pie’ sospinto), le logiche formali del
  vivere secondo i dettami dell’etica e della giustizia, sono un sogno dolcissimo. 
  Non esiste ingiuria peggiore, per un cittadino pensante,
  dell’essere preso deliberatamente per i fondelli da parte di soggetti noti a
  tutti per le loro caratteristiche di nebbiosità nel pensiero e nelle azioni.
  Non esiste offesa più grave dell’essere considerato idiota fino al punto di
  vedersi contrabbandare per oro colato il più scadente dei metalli
  arrugginiti, peraltro grevi di scorie d’una sozzura indescrivibile. 
  Eppure, oggi, qualcuno si illude che cambiando parrocchia gli
  si possano condonare le colpe di cui si è reso complice o connivente mentre
  si perpetrava l’atroce delitto della chiusura dell’ospedale di San Marco
  Argentano. Non è aggredendo il sindaco Mariotti, che pure non è esente da
  responsabilità indirette, che si acquisisce il diritto di indossare la tunica
  bianca dell’innocenza. Tutti, per azioni o per silenzi, in qualità di ignavi
  o di supini supporter per vocazione, hanno questo “peccato” sulla coscienza.
  Sono convinto che molti di essi, prima o poi, espieranno le colpe nel momento
  del maggior bisogno non appagato. E il maggior bisogno non è altro che quello
  della salute, che Dio gliela conservi. 
  Ecco, tuttavia, che la saggezza popolare della nostra regione
  fa capolino dal groviglio delle vicende quotidiane. Accanto alla cattiveria
  di cui si è parlato finora, va a collocarsi una sua compagna inseparabile: ‘a
  ciutìa! I nostri avi ci hanno sempre descritto il personaggio
  negativo per antonomasia: ‘u ciùatu
  malignu.  
  Tutta la ciutìa [che
  sarebbe riduttivo tradurre semplicemente con “cretinaggine”,
  essendo un coacervo di fenomeni psichici complessi nella loro negatività] è
  emersa nel concepimento di un progetto idiota che più idiota non si può:
  l’aggregazione, sul piano sanitario di primo intervento, di San Marco
  Argentano con Corigliano Calabro. Nemmeno se l’avesse concepito un nostro
  “autorevole” (si fa per dire) concittadino, che della sanità sammarchese ha
  fatto lo scempio che tutti sappiamo e che alcuni fingono di non sapere. 
  Ecco, quindi, che la sindaca Mariotti è “perplessa”!  
  Perplessa!?! Incazzata dev’essere! Ma incazzata di brutto.
  Deve tirar fuori, finalmente, gli attributi che non possiede per legge di
  natura e sbatterli in faccia prima a chi è l’origine e la causa del fenomeno,
  e poi ai “cervelloni” che rappresentano il volto autentico della Regione
  Calabria, a parte taluni dettagli nefasti perduti per strada. 
  Pensate un po’ se i manigoldi che muovono certe leve di potere
  si possono preoccupare della riscoperta o ritrovata “perplessità” di Virginia
  Mariotti! Ammesso che oggi serva a qualcosa, la sindaca trascini il
  presidente Oliverio a San Marco Argentano, ma stavolta per una ragione
  diversa dalla tradizionale mangiata di frittole
  in casa di “amici”. Cerchi, cioè, di disgiungere una volta tanto la ciutìa dalla
  malignità, disgregando il binomio proverbiale che tanto danno ha prodotto e
  può continuare a produrre nella regione che ci ha dato i natali e che,
  purtroppo, grazie ad una certa categoria di governanti, viene ancora
  identificata da tanti come «uno
  sfasciume pendulo sul mare». 
  Dìa un vigoroso colpo di reni, sindaca! Si divincoli da tutti i
  tentacoli inopportuni che potrebbero frenarla nello slancio. Fra la gente che
  amministra ci sono anche persone di spessore che meritano la sua attenzione.
  Sposti lo sguardo verso l’alto per un solo attimo: le si aprirà un mondo
  diverso. 
  Nessuno si illude di riavere l’ospedale. Ma un presidio
  autorevole di tutela della salute ce lo aspettiamo e ce lo meritiamo.
  Decisamente non levantino. 
  Luigi Parrillo 
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