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San Marco Argentano - Polis

 

 

 

13 gennaio 2014

 

Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno

È opinione comune che oggi, nel nostro paese, si stia vivendo un periodo di oscurantismo politico senza eguali. Uomini e fatti rotolano insieme in una confusione indescrivibile, generando una spirale di negatività socio-politico-culturali che mai avevano così mortificato la nostra città. Che appare attonita, impotente, stordita dalle metaforiche bastonate inflitte da una classe politica (si fa per dire) con un senso molto approssimativo della comunità.

Quest’ultima, in larga parte, non fa molto per farsi rispettare di più. Si siede, aspetta, subisce, tace e tira a campare. Mi ricorda tanto l’atteggiamento del passeggero sulla nave che sta per affondare e non se ne preoccupa minimamente: tanto non è sua. Non solo, ma attende di sapere se la nave affonderà o se il capitano è all’altezza, da qualche voce telecomandata, cui basta un modesto gettone, tipo juke box anni sessanta, perché riproduca la parte secondo copione.

Interessante, tuttavia, risulta essere l’interpretazione delle presunte strategie politiche degli ultimi giorni, assimilabili, senza il minimo sforzo di fantasia, alle situazioni esilaranti di Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno, con tanto di Marcolfa al seguito (leggi articolo de “l’Ora della Calabria”). Una situazione da medioevo politico fondato sulla presunta dabbenaggine popolare, disposta, secondo alcuni dei grandi strateghi contemporanei, a credere agli asini che cacano denaro e alle galline dalle uova d’oro, osservando le rapide fortune di qualche noto personaggio.

Ancora una volta rispuntano, nella stesura del “pezzo” in esame, aggettivi come inossidabile, determinante, solidità del gruppo, cui fanno da contraltare improbabili presunte candidature, messe lì a fare da “spalla” al capocomico, che guadagna il centro del palcoscenico secondo l’inquadratura soggettiva ordinata da una regia casalinga a mezzo servizio.

Ma, osservate con attenzione la foto che correda l’articolo. Essa ritrae i mezzi sorrisi dei componenti la prima giunta Termine: quella, per intenderci, che avrebbe dovuto essere l’emblema dell’Unione e del Cambiamento.

Ci sono: quattro dimissionari sullo sfondo, una espulsa -  immediatamente a lato - e, al centro, un sindaco (con lo sguardo perduto nel vuoto) costretto alla resa dalla “politica” spregiudicata del suo alleato dell’ultima ora, ma prima nemico, poi mezzo amico, poi salvatore dal primo naufragio, poi spinta propulsiva (e, forse, suggeritore) per l’approvazione del Piano Strutturale del Comune, poi partner di spicco per il più sospetto inciucio della storia politica locale, infine, esecutore materiale della decapitazione definitiva dell’amministrazione comunale.

È il quadro rappresentativo delle vittime designate da un sottile disegno politico, che parte da lontano e che ancora oggi si continua a tenere in pedi per una restaurazione deteriore nel governo della città. Che invece grida a gran voce l’esigenza di una vera e propria rivoluzione.

È una rivolta culturale ciò di cui ha bisogno oggi la nostra città. Una presa di coscienza delle giovani generazioni che scegliere non significa gratificare gli amici o gli amici degli amici. Scegliere vuol dire optare per il meglio, anche se il meglio non è persona di famiglia. Altrimenti si farà come la figlia dell’alto ufficiale nazista che organizzava e gestiva i campi di sterminio, la quale sosteneva che suo padre era il padre più buono del mondo.

Bisogna recuperare un metro di giudizio il più obiettivo possibile. I campioni da esaminare, allineati in bell’ordine nel panorama presente e in quello della storia recente della nostra città, non offrono immagini positive da indicare come esempio. I social network più frequentati dai giovani (e non solo) lasciano trasparire sentimenti di nostalgia verso amministratori del passato che, nel bene e nel male, avevano a cuore lo sviluppo della città. Avevano un notevole spessore umano e sociale, una caratura politica di alto valore (per quanto etichettata), ma anche disponibilità all’ascolto, proiezione verso le istanze della comunità, rispetto per il proprio simile, modestia nell’atteggiamento, umiltà nell’approccio con l’altro. Avevano, soprattutto, competenze amministrative ciascuno per il settore di intervento: il bilancio, i lavori pubblici, l’istruzione, la sanità e lo sport venivano gestiti con altra consapevolezza e, quasi sempre, nel rispetto delle esigenze dei cittadini.

Oggi, le uniche esigenze che contano sono le proprie. Tutto il resto è relativo. Smentitemi se non è così, ma con prove concrete!

Il giornale titola “Tutti pronti per le comunali” (vedi). Ma pronti a fare che cosa? Quali piani di sviluppo hanno in mente tutti questi “pronti”? Parlano di nomi, di accordi o di disaccordi che il solito capo-padrone è capace di dirimere, di capi, sottocapi e capetti tutti agli ordini del feudatario, di rimorchi eventualmente da trainare per disorientare gli avversari, e cose di questo genere, tutte oltremodo discutibili sul piano della correttezza politica.

Ma cosa hanno in mente per la città? E per le scuole? Per la sanità? Per il lavoro giovanile? Per le tasse che aumentano senza che i servizi migliorino? Per le strade? Per il traffico? Per il commercio? Per la cultura e per il tempo libero? Per gli acquedotti che “fanno acqua” da tutte le parti? Per l’illuminazione pubblica da cimitero? Per la raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani? Per le energie alternative?

Sono solo alcune delle istanze migliorative della città. Ed è di queste cose che vorremmo si parlasse sugli organi di stampa, non di pura e semplice campagna elettorale, fuori luogo perché oggi lascia il tempo che trova. I nomi non sono affatto una garanzia se non si collegano a precisi progetti di sviluppo e ad impegni da non eludere, come finora è stato fatto da parte di soggetti che si ripropongono con una notevole dose di faccia tosta.

Già ai tempi di Bertoldo erano in pochi a credere alla storia dell’asino che defecava bisanti. Oggi, a distanza di qualche secolo, non credo che il numero degli ingenui sia aumentato, anche se qualcuno lo spera ardentemente.

Luigi Parrillo