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San Marco Argentano - Polis

 

 

 

27 novembre 2013

Così, per caso…

Mi sono trovato casualmente nella sala d’attesa di una struttura fisioterapico-riabilitativa, in compagnia di alcune persone che, come me, aspettavano il proprio turno o erano lì per accompagnare persone di famiglia. Di solito, in questi ambienti, la conversazione langue o si limita a considerazioni banali sul clima della giornata o del periodo, pervenendo alla conclusione, ormai scontata e abusata, che non ci sono più le stagioni di una volta e che il caldo e il freddo si inseguono vicendevolmente Descrizione: sala_attesa02senza quei bei periodi intermedi di cui sembra che nessuno si accorga più.

La prevalenza di figure femminili (10 a 2 a loro favore) mi lasciava presagire che, prima o poi, la conversazione si sarebbe inesorabilmente spostata dalla meteorologia alla culinaria, essendo l’ora della mattinata quella in cui le donne di casa si predispongono ad allestire il pranzo quotidiano.

Invece, con mia lieta sorpresa, una delle signore presenti ha lanciato sulla ruota della roulette, sulla quale vorticavano le parole ormai riscaldate dalla conversazione, la pallina saltellante della politica.

Non era assolutamente casuale. Il clima di altre latitudini in cui vivevano i propri figli giovanissimi per dare soddisfazione alle proprie ambizioni di lavoro, ha destato lo sdegno verso una categoria di politici autoreferenziali, dediti a questa attività unicamente per la propria sopravvivenza come tali e non per venire incontro alle esigenze della gente.

È stato come scagliare un sasso nelle acque chete di uno stagno. Tutti (ma sarebbe meglio dire “tutte”) parteciparono alla discussione con passione e con la competenza tipica di chi osserva i fenomeni da una certa angolazione prospettica. Mi ha stupito favorevolmente il fatto che fossero ben informate su buona parte di ciò che bolle in pentola nel sottobosco politico della nostra città.

Attraverso una commovente semplicità linguistica venivano sciorinate argomentazioni di una concretezza straordinaria, tipica di talune donne del nostro territorio che vanno dritte al cuore del discorso, senza fronzoli o false diplomazie. Discorsi che lasciano pochissimo spazio al contraddittorio, tanto sono permeati di quelle amare verità di cui si nutre la crisi socio-economico-politica dei nostri giorni.

 Ho dovuto fare violenza a me stesso per non entrare nella conversazione. Avrei sciupato l’autenticità di un momento straordinariamente affascinante. Ero, tuttavia, teso a registrare mentalmente le espressioni più forti di quelle meravigliose signore (due delle quali piuttosto carine e piacenti) che incassavano, di tanto in tanto, gli assensi silenziosi ed eloquentemente mimici, di un signore che aveva tutta l’aria di essere il fortunato marito della più gradevole di esse.

Ecco, nella loro esagerata crudezza, alcune espressioni che scaturivano probabilmente da delusioni, risentimenti, rassegnazione e quant’altro:

«Vengono eletti sempre i peggiori!»

«Si. Perché non mettono in lista quelli che valgono, ma quelli che portano voti perché hanno grossi parentati.»

«Il primo che verrà a bussare alla mia porta per chiedermi il voto, lo mando in ospedale. Voglio vedere in quale ospedale andrà a farsi medicare, visto che il nostro…!»

«È mai possibile che in questo paese non si trova una persona “buona” in grado di fare il sindaco? Ci sono certe voci in giro…»

«Mio cognato ha letto sul giornale…» [Ironia tremenda e sghignazzi]

«Questa volta ho deciso che non andrò a votare se non vedrò liste decenti.»

«E ca su’ tutti i ‘na manera!»

«Gira che ti rigira, troveremo sempre i soliti al Comune.»

«Perché ce li mandi tu! Non è che ti vengono a minacciare con una pistola per andarli a votare.»

«Parlano di lavoro e ti danno da lavorare per tre mesi; così ogni tre mesi devi andare a chiedere il favore. I miei figli, prima la femmina e poi il maschio, sono andati “fuori” proprio per questa porcheria. Laureati con pieni voti, vedevano gli ignoranti passar loro avanti perché conoscono bene il mestiere di leccare il… Non è dignitoso!»

«C’è chi si è fatta una posizione grazie a noi. Ma adesso basta! Non deve nemmeno passare davanti alla porta di casa mia.»

«E vedrai, tra poco, quanti amici e quanti “allisciamenti”. Te ne prometteranno di cose… E ti pare che non trovano quelli che ci cascano come fessi?»

«Eh! Non sono più i tempi di una volta.»

Questo è solo un piccolo campionario di frasi estrapolate dalla discussione che la chiamata di un paziente in attesa ha interrotto, infrangendo la magia della conversazione, che stava scivolando in un ozioso, quanto divertente, totocandidati. Io, nel mio forzato tacere, mi lasciavo andare, tra me e me, a considerazioni di una tristezza che temevo si potesse palpare tanto mi pareva che esplodesse dalla mia persona.

Questo campione umano, ancorché non valido statisticamente, appariva la risultante di un ventennio di politica approssimativa, che ha determinato la caduta delle ideologie e degli ideali ai quali si informavano, per dare spazio ad accorpamenti discutibili sulla scia di facili allettamenti somministrati da piccoli e grandi capipopolo, i quali hanno perso il posto dei partiti politici che, nel bene e nel male, erano dei punti di riferimento certi.

Oggi abbiamo sulla piazza il partito di Tizio, il partito di Caio piuttosto che di Sempronio, il partito di chi paga o non ti fa pagare il dovuto, il partito di chi ti compra, di chi ti ricatta o di chi ti stupra nella dignità. È il frutto di una “educazione” impartita gratuitamente da alcune televisioni commerciali, che ti entra nella coscienza come un veleno sottilmente efficace e ti possiede perché blandisce il narcisismo e la voglia di apparire, calpestando il dovere di essere. Una “educazione” che ha spianato la strada a faccendieri di ogni natura e dimensione, a tentacoli umani di grandi piovre mimetizzate nella loro apparente bonomia, che ti appiccicano un prezzo che non riuscirà mai ad eguagliare il tuo valore.

Per cui saluteremo, da noi, la lista di Tizio, di Caio o di Sempronio, che si cercherà di agghindare con qualche bella presenza secondo la scuola arcorese, con un corollario di mezze figure, alcune delle quali da mettere eventualmente sul mercato in caso di necessità. La ricerca dei candidati, ormai, è come andare per funghi e non è escluso che nel paniere ve ne capiti qualcuno velenoso.

Ecco perché bisogna stare attenti e non limitarsi a discuterne tra amici occasionali. Dovranno essere le famiglie (ma anche quelle istituzioni sociali che interagiscono eticamente con le coscienze) a farsi carico di far emergere nei comportamenti quotidiani lo spirito critico necessario per produrre un cambiamento epocale nella nostra città attraverso scelte di valore.

Oggi si può dire di averne viste di così tanti colori che, anche se non si hanno perfettamente le idee chiarissime sul da farsi, quantomeno si ha la certezza assoluta di cosa non fare. I vecchi arnesi hanno fatto il loro tempo e prodotto i loro danni. Basta! Lasciamoli a casa.

 

Luigi Parrillo